Cari mamma e papà…

Gli adolescenti…già. Ragazzini e ragazzine spesso sottovalutati. Invece, a volte, regalano perle e speranza.   Non so cosa resterà di questo 2020 che ci sta scivolando fra le mani. Ma le parole scritte da Leonardo, un quattordicenne di Salò (Brescia), meritano di rimanere scolpite nella memoria. Questo spetta a  chi è capace di profondi sentimenti…

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«Io non so perché. Io davvero non riesco a capire il perché abbiano deciso di prendere quella laurea in medicina. Ormai me lo domando tutti i giorni, ma faccio molta fatica a capirlo». Leonardo ha 14 anni, due grandi occhi marroni e vive a Salò. Ha due fratelli minori e tanta nostalgia di un tempo che pare ormai troppo lontano. Da 25 giorni non vede mamma e papà se non attraverso videochiamate o qualche fugace incontro per la consegna della spesa ai nonni. È nella loro casa che si trova «confinato» ed è lì che ha dato sfogo ai suoi pensieri, scrivendoli nero su bianco, consapevole di essere «troppo giovane per superare il momento e troppo adulto per ignorarlo». I suoi genitori, entrambi medici impegnati nell’assistenza ai contagiati dal Covid 19, sapevano che prima o poi si sarebbero ammalati e hanno dovuto fare una scelta difficile per loro come per tante altre persone che vivono in prima linea l’emergenza sanitaria: allontanarsi dalla famiglia per tenerla al sicuro. «Del resto – scrive Leonardo in una lettera personale che i genitori hanno acconsentito a divulgare – stare con loro sarebbe stato come servire ai miei nonni un biglietto di solo andata nell’aldilà, perciò ora sono qui». E nonostante il «vuoto cosmico» lo turbi in queste giornate alienanti, dove l’unico argomento di cui si parla è il «famigerato Coronavirus», il giovane studente del liceo Scientifico ha saputo tuffarsi nelle sue emozioni più profonde per riemergere con una consapevolezza che lascia stupefatti. Domande che, ammette, «continuano a farsi sempre più pressanti e ad un certo punto vengo trafitto da una lancia di odio e rassegnazione». È la popolazione «ottusa» che non rispetta le regole a farlo arrabbiare: «Forse a loro non importa della propria vita e di quella degli altri, non importa di dover morire senza nessuno che gli stringa la mano». Non esiste giorno in cui Leonardo non si alzi sperando di sciacquarsi il viso e «fermare la corsa del pensiero». Lo chiama «inferno emotivo». La sua mente vaga: durante la lezione di latino davanti al pc, il giovane va alla ricerca del giuramento di Ippocrate. «Tante volte ho chiesto a mia madre il perché avessero scelto di fare questo lavoro e mi aveva sempre risposto che lo facevano per aiutare il prossimo, per salvare vite. Di una cosa però son certo – continua Leonardo: – quando diceva questo non avrebbe mai immaginato di doversi allontanare dai suoi figli per salvare la vita ai suoi genitori». Tra uno sguardo rivolto al nonno, la cui pesantezza della situazione «ritrovo in ogni ruga del viso», i giochi con il fratello coetaneo dagli occhi azzurri «ma come i miei, sembrano sempre più vuoti» e il rifugio nell’amato clarinetto, le ore scorrono, portando Leonardo «a un pianto disperato, secco, senza singhiozzi». È accaduto ancora una volta, riflette: «Ho toccato il fondo del barile». La solitudine attanaglia, la memoria accarezza la «fantastica vita di prima» con gli amici e le risate all’aria aperta. «Una voglia di affetto inimmaginabile» porta il ragazzo in cucina, dove la nonna abbandona per un attimo la preparazione della cena e lo abbraccia «piangendo, di un pianto senza risposta». Andrà tutto bene? Bisogna crederci. E aggrapparsi allo squillo del telefono che annuncia l’arrivo di mamma e papà. La consegna delle scorte alimentari ai nonni, però, non promette abbracci. «Quello rimane solo un sogno. Scendono dall’auto. A coprire bocca e naso, una mascherina. Cala il silenzio». Gli sguardi pieni d’amore e lacrime che non hanno più forza per scorrere. Il contatto negato e straziante. «L’abbraccio è un sogno che si dissolve – scrive Leonardo – E pensare a quanti ne abbiamo respinti fino ad oggi». L’auto dei genitori riparte, «i miei eroi, coloro che potranno forse un giorno ricongiungersi a noi».

Paola Buizza

(Articolo scritto per il quotidiano Bresciaoggi)

Informazioni su Paola Buizza (LaBui)

Giornalista con un futuro sempre in discussione e un passato costruito sull'istinto. Una vita geograficamente collocata oltre gli schemi e gli stereotipi. Una donna che cade, soffre, si rialza e cammina. A volte, vola. Questo blog, comunque, non rappresenta una testata giornalistica in quanto non viene aggiornato con cadenza periodica né è da considerarsi un mezzo di informazione o un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62/2001
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