Quante volte ho pensato al mio risveglio, alla sensazione di spaesamento e al desiderio di descriverlo in pagine che poi avrebbero custodito parole annodate ad altre parole, capitolo dopo capitolo, fino a completezza. Una forte voglia di fermare quegli attimi di tempo difforme, fuori fuoco. In balia di un mare mosso che non ti lascia tregua. Frazioni di secondo sulle quali corrono e si inciampano le età vissute, i tuoi 10, 20 o 30 anni. In altri luoghi, altre case, con altre persone. Poi mi avventuro nel mondo di Marcel Proust e mi imbatto in questa pagina, tratta dall’opera Alla ricerca del tempo perduto. “Eccolo il risveglio”, penso. “Parla di me, parla del mio mondo, dei miei sensi. Dio, come lo fa bene…”. Una perfezione assoluta, che mette a tacere tutto. Inarrivabile.
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