Ho letto Dubliners di James Joyce molti anni fa, nella mia gioventù. E oggi che lo rileggo a 48 anni, dopo un viaggio nella sua splendida e motivante città irlandese, ritrovo tutte quelle epifanie che negli anni mi hanno cresciuta e cambiata.
Mi chiedo spesso come sia avvenuta la mia trasformazione, come abbia potuto lasciare la bambina cocciuta, arroccata e imbrigliata che ero per diventare la donna che sono oggi. E in quelle pagine ho trovato la risposta. Ancora una volta. Nuove e rinnovate epifanie.
Ho capito che in ogni libro letto da giovane, in ogni riga che al tempo ho sottolineato, evidenziato, c’erano le indicazioni per la strada da seguire. Una via che sentivo intimamente mia, un desiderio nascosto che ancora non riuscivo a decifrare, ma che mi spingeva fuori dal guscio. Per usare le parole di un grande poeta contemporaneo, Pierluigi Cappello, sentivo “un fremere sconosciuto che, ancora una volta, non aveva nome e si chiamava passione”. Oggi mi soffermo su quelle sottolineature, e mi emoziono.
Mi rivedo giovane, comprensibilmente irrisolta, impaziente e spaesata con quel libro in mano. Ricordo come batteva forte il mio cuore e come il respiro si affannava nell’intravedere uno spiraglio, una risposta alle tante domande che mi angosciavano. Individuo con chiarezza il punto del non ritorno: quando il mio sguardo sull’esistenza è cambiato fino a percepire ogni cosa in modo differente.
Una quindicenne mi ha chiesto se non mi dispiace sapere che la mia vita volge inevitabilmente alla fine, vista la mia età (il segno dei tempi, ai miei le adolescenti non vedevano l’ora di avere 40 anni…). Mi ha chiesto anche: “Non ti dispiace invecchiare? E che non potrai più divertirti come da giovane?”. Le ho risposto, ma non sono certa abbia capito.
A quell’età è difficile comprendere cosa significhi guardare indietro con affetto e tenerezza verso sé stessi per il percorso compiuto. Ho sfogliato le prime pagine di Dubliners a quindici anni. A quell’età non chiedevo agli altri se la vecchiaia facesse loro paura, chiedevo a me stessa se ce l’avrei fatta a crescere. Beh, sono cresciuta, ma sono solo a metà del mio percorso. Per questo, in mano, tengo sempre un libro. Il mio personal influencer.
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