Siete fortunati voi trentenni e quarantenni che avete ancora i nonni. Fatevi raccontare il loro passato, abbiate cura dei loro ricordi. Saranno cimeli inestimabili, un giorno.
E lo facciano anche i vostri genitori, parlino con la loro mamma e il loro papà. E parlino con voi della vostra infanzia. Perché potranno aiutarvi a mettere insieme i tasselli di una storia che vi appartiene.
E’ importante. Più il tempo passa e più me ne rendo conto.
La mia memoria storica era mia madre, seppur con molte lacune. E ora che lei non c’è più, non so a chi rivolgermi. Nella mia famiglia – di quel poco che resta – il ricordo non è tenuto in allenamento. Il mio, latita. Ero giovane quando i miei nonni sono morti.
Un giorno inizi a cercare qualcosa: un senso di appartenenza, un filo da ripercorrere per “tornare a casa”… ma non lo trovi. E ti senti ancora più sola, al mondo. Soprattutto quando non hai figli, tanto meno avrai nipoti.
Il futuro? Un’onda che si infrange sulla battigia, cancellando orme.
Quando questo pensiero mi assale, mi aggrappo al passato. Perché il ricordo (che ha un significato meraviglioso: “richiamare al cuore”) è un fertilizzante per i sentimenti. Ed è anche “un abbraccio” che ci viene in soccorso nei momenti di sconforto. Riesce quasi a restituirci fisicamente la persona a noi cara, con le sue espressioni, i suoi profumi, il tono della voce. Il suo calore…
Coltivate il terreno della memoria, finché siete in tempo. Potrete assaporarne il frutto.
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