Una quotidianità fatta di resistenza, di lotta e di speranza. “Storia di Malala” racconta questo con una fluidità di lettura che sconcerta considerando il clima di guerra e di terrorismo in cui si svolge. Dove ha trovato, questa giovane donna, la forza di opporsi ai talebani e al loro divieto di istruzione per le donne? Dove ha riposto la paura? Ce lo spiega Viviana Mazza, corrispondente agli Esteri per il Corriere della Sera, partendo dal giorno in cui i talebani hanno colpito Malala con un colpo di pistola alla testa mentre era sul pullman che la riportava a casa da scuola. Era il 9 ottobre del 2012.
Una storia fluida, dicevo, nella sua drammaticità. Viviana Mazza ha saputo destreggiarsi tra cronaca e finzione restituendo al lettore un quadro fedele ai tragici fatti avvenuti.
Tra i protagonisti mi ha particolarmente coinvolta il padre di Malala. Un uomo che, tra tanti uomini, ha fatto la differenza. Interessanti gli editti dei talebani, il pensiero della popolazione, impotente nel suo desiderio di ribellione paralizzato dalla paura. Un cumulo di “macerie umane e morali” dal quale si distaccano fortemente Malala e il padre; una storia di coraggio che sprigiona brividi. E poi quella “età di mezzo” in cui le donne, in quei Paesi, possono trovare la forza di ribellarsi: prima di diventare “donne” e dopo (appena dopo, mi verrebbe da dire) l’infanzia. Malala ha respirato il coraggio tra le mura di casa, lo ha letto negli occhi del padre e nella sua voce ha trovato la forza per lottare.
Un impegno e un attivismo che continuano, come dimostra l’appello che Malala Yousafzai ha fatto alle Nazioni Unite per un’istruzione libera e gratuita nel giorno del suo 16mo compleanno. Ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=gksAyQPPD5E
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