Ci sono cose difficili da spiegare alla gente.
Quando ci provi vedi lo sguardo degli altri vagare in cerca di fuga.
Accade, spesso, quando parli con chi ha quello che tu non hai e avrà, in futuro, quello che tu vorresti.
Ti impegni a cercare le parole per far comprendere i tuoi stati d’animo, certe tristezze e certi timori, ma è
tutto fiato sprecato.
Capita, anche, che non ti capiscano persone che sono nella tua stessa condizione ma non desiderano, per il futuro, quello che vorresti tu. Allo stesso modo parli e ti scontri con l’insofferenza.
Non rimane che restare zitti, quindi. Sempre che non si voglia andare da uno specialista
pronto ad ascoltare ogni tuo pensiero, non filtrato, con dovizia di particolari e dietro un lauto compenso. Ipotesi che mi sento di voler e poter scartare.
Quindi? Tacere è l’unica opzione se tediare è l’alternativa?
E’ così che le relazioni umane si deteriorano. Con l’indifferenza, l’insofferenza.
Vale allora la pena di tentare, di parlare, di scuotere l’attenzione del prossimo che spesso è inconsapevole di una dote che ognuno di noi possiede: la magia delle parole e degli sguardi. Un attimo è capace di risollevare da giorni di cupa solitudine interiore. Basta solo un attimo di altruismo, di ascolto sincero. Un contatto empatico. Una mano tesa.
L’ascolto
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